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Primo rapporto sull'economia sociale

Data: 02/10/2008
Categoria: Altre News
Crescono le istituzioni non profit, dalle organizzazioni di volontariato alle fondazioni fino alle cooperative sociali, aumentano giro d'affari e lavoratori impiegati. È quanto emerge dal primo rapporto Cnel-Istat.
Prende sempre più quota il mondo del non profit. Crescono le istituzioni, dalle organizzazioni di volontariato alle fondazioni fino alle cooperative sociali, aumentano giro d'affari e lavoratori impiegati. A fotografare le dimensioni di un fenomeno che appare sempre più radicato nella società italiana è il primo rapporto Cnel-Istat sull'Economia sociale. Dimensioni e caratteristiche strutturali delle istituzioni nonprofit in Italia, presentato ieri al Cnel dal prof. Antonio Marzano, presidente del CNEL, e dal presidente dell'Istat prof. Luigi Bugger, insieme ad Edoardo Patriarca, coordinatore del Gruppo di lavoro economia sociale del Cnel, al prof. Stefano Zamagni, presidente dell'Agenzia per le Onlus, al cons. Gian Paolo Gualaccini, componente del Comitato di Presidenza del Cnel. Alla fine del 1999 le istituzioni non profit in Italia erano 221.412, impiegavano circa 4 milioni di persone (di cui 3 milioni e 200 mila volontari) e facevano registrare un ammontare delle entrate pari a 73 mila miliardi di lire (circa 38 miliardi di euro). La distribuzione sul territorio nazionale era molto disomogenea: poco più di 40 istituzioni ogni 10 mila abitanti al Nord e al Centro e circa 30 nel Mezzogiorno. Alla fine del 2003 le organizzazioni di volontariato sono 21.021, in aumento del 14,9% rispetto al 2001. I volontari crescono del 18,8%, passando da circa 700 mila a più di 800 mila, mentre i dipendenti rimangono sui 12 mila. Quanto al giro d'affari il totale delle entrate delle organizzazioni di volontariato passa da 1.198 milioni di euro del 2001 a 1.630 milioni di euro del 2003 e l'importo medio per unità saliva, nel biennio, da 66 a 78 mila euro. Le uscite si attestavano su una cifra molto simile, 1.145 milioni di euro nel 2001 e 1.518 milioni di euro nel 2003, con un valore medio di 63 e 72 mila euro, rispettivamente. Dal punto di vista delle attività si conferma la vocazione sanitario-assistenziale delle organizzazioni di volontariato, anche se l'evoluzione temporale fa registrare la crescita progressiva dell'impegno in altri campi di attività. I settori nei quali opera in via prevalente il maggior numero di organizzazioni sono, infatti, la sanità (28%) e l'assistenza sociale (27,8%), ma diminuisce il loro peso relativo. All'opposto aumentano le organizzazioni attive in via prevalente nei settori della ricreazione e cultura, della protezione dell'ambiente e della protezione civile. Dal 2001 al 2003, gli utenti delle organizzazioni di volontariato passano da 5,7 a 6,8 milioni, mentre il numero medio di assistiti per organizzazione rimane sostanzialmente invariato (430 nel 2001 e 438 nel 2003). Le cooperative sociali attive, alla fine del 2005 sono 7.363 e rispetto al 2003 aumentano del 19,5%. Nel 59% dei casi si tratta di cooperative che erogano servizi socio-sanitari ed educativi e nel 32,8% di unità che si occupano di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. Nelle cooperative sociali sono impiegati, alla fine del 2003, circa 244 mila lavoratori retribuiti (di cui 211 mila dipendenti, 32 mila lavoratori con contratto di collaborazione e circa 1.000 lavoratori interinali) e 34 mila non retribuiti (30 mila volontari, 3 mila volontari del servizio civile e meno di 1.000 religiosi). Rispetto al 2003, il personale operante nelle cooperative sociali aumenta complessivamente del 26,2%. La crescita maggiore ha riguardato i lavoratori interinali (+159%), seguiti dai dipendenti (+31,1%), dai collaboratori (+15,5%) e dai volontari (+10%). Dal punto di vista economico, le cooperative sociali registrano nel complesso un valore della produzione di 6.381 milioni di euro, con un importo medio per cooperativa di circa 867 mila euro. I costi presentano un importo complessivo di 6.227 milioni di euro e un valore medio di 846 mila euro. Rispetto alla rilevazione del 2003 e calcolando i valori a prezzi 2005, i ricavi aumentavano del 32,2% ed i costi del 33,6%. Il Rapporto ha inteso valorizzare un settore peculiare dell'attuale realtà socio-economica nella quale confluiscono una miriade di soggetti che, con forme e modalità diverse, sono impegnati nell'economia sociale. Si tratta di quei soggetti che, nelle analisi scientifiche e talvolta nel linguaggio comune, vengono indicati con espressioni quali "unità del Terzo settore" o "istituzioni nonprofit". Con questi termini ci si riferisce ad enti tra loro diversissimi come le organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali, le organizzazioni non governative, le fondazioni - bancarie e non - associazioni di vario tipo - sportive, culturali, ambientaliste. Organizzazioni sociali che realizzano un welfare basato sulle esigenze dei cittadini. "Il no profit italiano ha degli elementi di specificità che lo distinguono da quello anglosassone - ha spiegato il prof Stefano Zamagni, Presidente dell'Agenzia per le Onlus - Prima di tutto il Terzo Settore italiano non è soltanto redistributivo come quello americano, che con una mano prende da chi ha e con l'altra distribuisce ai soggetti bisognosi. Il Terso Settore italiano è anche produttivo, cioè fa parte dell'economia sociale, ma, a differenza delle imprese, non ha un obiettivo lucrativo, ma sociale". Elemento di novità e significativo valore aggiunto del Rapporto è stato quello di censire e raccogliere in un unico volume i principali risultati della produzione statistica ufficiale sul settore nonprofit. Va evidenziato che il Rapporto contiene dati ufficiali Istat fino al 2007, anno che rappresenta l'inizio della collaborazione con il Cnel ma la base di partenza è l'analisi dei dati del primo censimento delle istituzioni nonprofit riferito al 1999, con il quale allora si poneva in luce il peso tutt'altro che marginale delle istituzioni nonprofit nel nostro Paese. Vengono poi trattate le organizzazioni di volontariato (21 mila unità alla fine del 2003) caratterizzate da una consistente dinamica evolutiva sia in termini di numerosità che di varietà delle attività svolte. Esempio di tale evoluzione sono i profili dei servizi forniti: accanto a quelli di più classica valenza socio-sanitaria e assistenziale, si affiancano servizi più innovativi di promozione e sensibilizzazione verso temi sociali e ambientali. Si passa, quindi, alle cooperative sociali (alla fine del 2005, più di 7 mila), meno dinamiche delle organizzazioni di volontariato sul fronte del numero, ma ugualmente vivaci sulla differenziazione dell'offerta e sulla capacità di rispondere, adottando il modello mutualistico e utilizzando in prevalenza personale retribuito, ai bisogni di utenti socialmente esclusi o, più in generale, potenzialmente a rischio di esclusione sociale. Dal modello mutualistico si giunge a quello filantropico, con le fondazioni (quasi 5 mila unità rilevate alla fine del 2005) che, anche in Italia, soprattutto grazie al processo di privatizzazione di alcuni enti del settore pubblico, iniziano ad affermarsi quali soggetti non solo finanziatori ma anche erogatori di servizi alla cittadinanza. Il Rapporto si conclude con l'analisi aggiornata ai dati più recenti di due tipologie di soggetti, organizzazioni non governative e associazioni di promozione sociale nazionali, che pur presentando numeri limitati (239 organizzazioni non governative e 141 associazioni di promozione sociale nazionali alla fine del 2007) si distinguono per il loro peso in termini economici e di coinvolgimento sociale. www.italiannetwork.it www.portalecnel.it


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