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Fao, vertice flop

Data: 06/06/2008
Categoria: Altre News
Delegati divisi su bozza finale, ok al testo dopo ritardi e rinvii. Le Ong: "Queste decisioni non riempiranno i piatti di chi soffre la fame"
Dopo oltre due ore di rinvii, litigi e veti incrociati, il comitato plenario della Fao è riuscito finalmente ad approvare la bozza finale del vertice sulla "Sicurezza alimentare". È il documento che contiene le linee guida da seguire nei prossimi due anni per combattere la piaga della fame nel mondo, 864 milioni di persone che non hanno da mangiare. O almeno che dovrebbe contenere quelle linee guida. In realtà aumentano coloro che parlano di fallimento del vertice che invece deve dare risposte urgenti alla crisi alimentare e agli 860 milioni di affamati che potrebbero diventare presto un miliardo. E sembrano cadere nel vuoto gli appelli del segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon e del direttore della Fao, il senegalese Jacques Diouf. "Bisogna fare presto, dare una risposta, non possiamo fallire" avevano detto. Il fallimento invece, al di là delle dichiarazioni ufficiali, sembra dietro l'angolo. Dichiarazioni generiche. "Ribadiamo che il cibo non può essere usato come strumento di pressione politica ed economica". Così si apre la dichiarazione finale del vertice Fao, un messaggio per dire che nessun Paese possa utilizzare il cibo per rafforzare il suo potere, sia in campo politico sia in campo economico. Allo stesso modo, nella dichiarazione finale si definisce senza mezzi termini "inaccettabile" che "862 milioni di persone nel mondo siano ancora oggi denutrite". Il no di Argentina, Cuba e Venezuela. Il via libera alla dichiarazione finale della conferenza Fao sulla sicurezza alimentare, i cambiamenti climatici e i biocarburanti è arrivato per acclamazione ma con la ferma opposizione di Argentina, Venezuela e Cuba. Ecuador, Nicaragua e Bolivia hanno combattuto fino in fondo per via delle "conclusioni un po' generiche del compromesso raggiunto". Tanti soldi, ma la politica non sceglie. I soldi, tutto sommato, era ciò di cui i paesi, le associazioni dei contadini dei paesi più poveri e le varie ong sentivano meno bisogno. "Chiediamo un diverso approccio politico al problema, un coinvolgimento dal basso e dall'alto" hanno ripetuto in questi tre giorni di incontri. Invece di stanziamenti ne sono arrivati: è la cosa più facile ma è dimostrato che non riempie i piatti di chi ha fame. Comunque la Fao ha annunciato l'erogazione di 17 milioni di dollari e il segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon ha detto che sarà necessario un impegno finanziario continuativo che ammonterà a 15-20 miliardi di dollari all'anno. Compromessi sul biofuel. È stato ribadito l'impegno di fronte alle liberalizzazioni commerciali in ambito Wto nonostante la contrarietà del Venezuela. Solo posizioni mediane sui punti più spinosi, dai biocarburanti ai cambiamenti climatici. Gli Stati Uniti hanno spinto e ottenuto che non ci fosse alcun riferimento alla Convenzione quadro delle Nazioni Uniti. Morale: del biofuel (il carburante che deriva da biomasse ricavate cereali, canna da zucchero, barbabietole e legumi) si parla solo al dodicesimo punto con una "semplice raccomandazione" a studi più approfonditi sul loro impatto nella crisi alimentare. Il fatto è che le coltivazioni per il biofuel, molto redditizie, stanno scacciando le altre coltivazioni solo alimentari. Così aumentano i prezzi e la fame. Ai governi dei paesi più poveri sarebbe bastato solo l'annuncio di una limitazione dei sussidi per il biofuel. È arrivata la proposta di un approfondimento su vantaggi e svantaggi dei biocarburanti. Questa mattina sono stati resi noti i risultati della tavola rotonda sul tema che ha visto confrontarsi tecnici e delegati dei Paesi. Risultati scarsi, per la verità, che consistono nell'avvio di un progetto Fao in Tanzania, Cambogia, Perù, ai quali l'agenzia fornirebbe assistenza per l'elaborazione di un piano energetico. I biocarburanti diventano un'opportunità, invece, per Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale "anche se occorre valutarne prima l'ecocompatibilità". Le accuse al vertice, da Frattini alle Ong. "Il documento finale è assai deludente rispetto alle premesse. Purtroppo è stato molto diluito rispetto alle ambizioni iniziali". Il ministro degli Esteri Gianfranco Frattini è stato categorico fin dal pomeriggio leggendo la bozza finale che poi non è più stata emendata. Le Ong presenti al summit alla fine bocciano il documento finale "perchè non è in grado di risolvere il problema della fame". Secondo il forum Terra Preta due sono le accuse principali alla conferenza: non aver coinvolto direttamente i governi e le associazioni locali dei contadini nel processo decisionale scegliendo invece di delegare tutto alla task force Onu; nella bozza del documento conclusivo sono ripetuti gli stessi impegni del passato. È servita a poco dunque la notte di veglia per i circa cinquecento delegati presenti a Roma in rappresentanza di 183 Paesi e gli intensi contatti tra i delegati. La difesa di Diouf. Il direttore della Fao, il senegalese Jacques Diouf non può fare altro che dire: "Credo che oggi siano stati raggiunti risultati all'altezza delle nostre aspettative. Non è stato facile mettere d'accordo i rappresentanti di 183 paesi diversi". Sono stati "riconfermati gli obiettivi del millennio (tra cui dimezzare entro il 2015 il numero degli affamati ndr)", ha aggiunto Diouf, specificando anche che la Dichiarazione riprenderà i "punti essenziali e salienti dei precedenti accordi". L'obiettivo principe è "raddoppiare la produzione alimentare mondiale entro il 2050". Il problema è che non è specificato come farlo. Poi l'elenco dei contributi: gli Stati Uniti daranno 1,5 miliardi di dollari; stessa cifra quella della Banca islamica per lo sviluppo, mentre dalle Nazioni Unite arriveranno 100 milioni. Il Giappone contribuirà con 50 milioni di dollari, il Kuwait con 100 milioni, i Paesi Bassi con 75 milioni, la Nuova Zelanda con 7,5 milioni, la Spagna con 773 milioni, la Gran Bretagna con 590 milioni, il Venezuela con 300 milioni, la Banca Mondiale con 1,2 miliardi di dollari di cui 200 milioni in forma di sovvenzioni. Tanti soldi appunto. Ma da spendere come?


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