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“Piano Marshall per l’Africa: ora possibile”

Data: 06/09/2018
Categoria: Altre News

A parlare , in un articolo del Corsera è Gianpaolo Silvestri, Segretario Generale Avsi, l’Ong attiva dal ’72,  in 31 Paesi del mondo

“Ci vorrebbe un Piano Marshall”: torna come un mantra questa espressione di fronte a situazioni considerate irrisolvibili, a tratti come un auspicio irrealizzabile o ancora come una promessa di impegno.Oggi vorremmo provare a condividere la certezza che non solo è possibile, ma è arrivato il momento giusto per avviarlo. A condizione di spostare le risorse di pensiero e di azione che impegniamo in dialettica su altro. In primis sulla collaborazione tra tutti fondata sulla consapevolezza che il nostro Paese ha i numeri buoni, adesso, da giocare.

Le risorse ci sono, anche solo mantenendo gli impegni presi dai governi precedenti sui fondi destinati alla cooperazione (0,29% del PIL nel 2017 con l’obiettivo di arrivare allo 0,30 nel 2020) e spostando i circa 500 milioni che si potranno risparmiare dal capitolo accoglienza (visto il crollo dell’80 % degli arrivi) a interventi di cooperazione nei Paesi.

L’Italia deve rafforzare l’Agenzia della Cooperazione allo Sviluppo con il nuovo direttore che sarà a breve nominato, finalmente inserendo nuovo personale competente con il concorso previsto, favorendo l’azione mirata della cooperazione delegata per arrivare ai fondi messi a disposizione dalla UE. E ancora favorendo il processo di evoluzione della Cassa Depositi e Prestiti in Banca di Sviluppo come previsto dalla legge, così che possa accedere alle risorse dell’European Investment Plan.

Si potrebbe avviare il piano là dove l’Italia è già presente e conosce il contesto e nei luoghi da cui arrivano i migranti: cominciamo da Kenya, Mozambico, Uganda, Nigeria, Costa D’avorio, Niger.

Anche le direttrici del piano si presentano chiare, perché solo due azioni combinate garantiscono sviluppo duraturo e corrispondente agli obiettivi dell’Agenda 2030: il coinvolgimento del settore privato per portare e fare business, conveniente a tutti, integrato a progetti di educazione, formazione e creazione di posti di lavoro. Un intreccio possibile con la mediazione dei soggetti della società civile, dalle ong fino alla realtà locali. Gli aiuti devono passare attraverso soggetti competenti in ambiti diversi e costantemente monitorati e valutati nei loro risultati effettivi. Non è più possibile pensare di consegnare fondi per lo sviluppo tramite il budget support a governi altamente esposti alla corruzione.

Un piano così non è fantascienza, è una possibilità che la storia ci consegna come realistica.

 

 

Fonte: corriere della sera



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