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Residenze per disabili l’inchiesta di Redattore Sociale

Data: 31/08/2018
Categoria: Altre News

Continua l’indagine sulla vita segreta di quegli istituti deputati ad accogliere persone con disabilità.Il viaggio è quello in un mondo separato dove l’espressione del dolore è messa  a tacere e dove ad essere nutrito è solo il corpo.

La testimonianza raccolta è quella di una mamma , Donata Vivanti, che oltre a vivere in prima linea la difficoltà della disabilità è persona  impegnata con vari ruoli nell’associazionismo a favore delle persone disabili e attualmente presidente della Fish Toscana. Madre di due figli con disabilità ed elevata necessità di sostegno, decide insieme al marito di aiutarli a trovare la propria strada, come avevano già fatto i loro fratelli maggiori. L’esperienza raccontata parla della ricerca di una struttura che sia capace di accogliere i suoi due ragazzi, e che sia allo stesso tempo capace non di essere un mero parcheggio , ma un luogo di realizzazione della persona.La prima scelta cade su una struttura residenziale di grandi dimensioni. Subito però appare chiaro che si tratta di una decisione sbagliata: “Nulla da dire su pulizia perfetta, vitto ottimo e personale disponibile ad accettare la formazione specifica sulle necessità dei nostri figli, che iniziammo da subito a proporre e organizzare. Ma le dimensioni stesse dell’istituto e le sue regole si rivelarono da subito degne di una prigione. L’istituto ospitava 120 persone con disabilità di età disparate. I nostri figli erano sistemati al terzo e ultimo piano, insieme ai “pazienti” con autismo, in una specie di corsia d’ospedale, con camere, bagni e sala mensa, nient’altro”. Il racconto scende nei dettagli i ragazzi indossano abiti marcati da un’etichetta con codice a barre. Anche i pupazzetti che hanno portato da casa vengono loro tolti: la ragione è che possono creare problemi con gli altri abitanti della struttura. Ma il peggio sono i bagni: una fila di servizi igienici di fronte alle camere, senza porte per permettere agli operatori di controllare più agevolmente chi li usa. “Prevedibilmente i problemi di comportamento iniziarono presto. Il più mite di nostri figli aveva viso e torace segnati dalle ferite che si procurava picchiandosi. Quell’esperienza fu dunque interrotta, ma rimediare alle sue conseguenze ci costò tempo, impegno e fatica”.

L’altra esperienza vissuta segna anch’essa al negativo.Stavolta la soluzione viene affidata a due comunità alloggio affiancate, che si presentano come palestra di apprendimento dell’autonomia e della vita quotidiana per i loro ospiti. All’inizio tutto fila liscio. Poi il personale più esperto venne spostato, i genitori non furono più coinvolti nella formazione degli operatori e le comunità, originariamente di sette persone ciascuna, si allargano e infine vengono accorpate per mancanza di personale. “Chi vorrebbe vivere in un mondo in cui le persone cui si affezionano spariscono dalla propria vita da un giorno all’altro senza una ragione comprensibile? Chi vorrebbe condividere la propria vita con persone che non vedono l’ora di andarsene?”, si domanda Donata. Qualche tempo dopo uno dei figli comincia a sbattere la testa contro il muro. Viene proposto un intervento farmacologico. Ma quando sua madre gli domanda se prova dolore, indica la mandibola. Il dentista conferma che si tratta di una carie a un molare arrivata a intaccare l’osso. Nella struttura che li ospita la manifestazione del dolore fisico non è contemplata: al posto di cercare la cura, si cerca il modo di mettere a tacere l’espressione del dolore. 

“I nostri figli vengono lasciati indietro” è la conclusione amara di Donata. Per loro non è contemplata nessuna possibilità di scelta, il loro malessere non trova ascolto, come d’altra parte neppure i loro desideri. È questo il rischio peggiore della segregazione: creare un esercito di persone, sfamate e accudite, ma separate dal resto del mondo e private anche delle più elementari possibilità di scelta sulla propria vita. Al tema dell'istituzionalizzazione delle persone con disabilità è dedicata l'inchiesta di SuperAbile Inail, pubblicata sul numero 6/2018 e curata da Antonella Patete.MMB

 



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