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Dall'esoscheletro alle protesi. La robotica al servizio delle persone

Data: 22/08/2018
Categoria: Altre News

Ci sono persone che usano abitualmente esoscheletri e protesi sempre più articolati, e istituti per cui i robot e la realtà virtuale sono diventati parte fondamentale della riabilitazione o della telemedicina domiciliare. Dove sta andando questa rivoluzione tecnologica?

C’è chi si è comprato un esoscheletro per usarlo un’oretta tutti i giorni e chi invece ha testato o sta sperimentando una protesi bionica. Non più tecnologia del futuro, la robotica è adesso, qui e ora. In parte è già uscita dai laboratori di ricerca per diventare uno spicchio fondamentale della riabilitazione o della telemedicina domiciliare

nei centri specializzati, in parte, invece, è ancora oggetto di studio, come il “robot badante”. E poi ci sono videogame interattivi e ambienti di realtà virtuale per migliorare le capacità motorie o cognitive, interfacce cervello computer, abiti e case con sensori di movimento per monitorare le performance o lo stato di salute di disabili e anziani. Un'inchiesta sul tema, realizzata da Michela Trigari di Redattore sociale, è stata pubblicata sul numero di luglio di SuperAbile Inail, il magazine per la disabilità dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. 

"Negli ultimi cinque anni c’è stato un piccolo boom nel campo della robotica al servizio delle persone fragili, spinto dalle prime evidenze cliniche. Nel nostro Paese – che è tra i più forti d’Europa in materia – ci sono diversi poli d’eccellenza", osservano dall’Istituto italiano di tecnologie di Genova. Tra questi, oltre all’Iit, ci sono l’Istituto di biorobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, la Fondazione Don Gnocchi di Milano e la Fondazione Santa Lucia di Roma (due Irccs, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico), l’Università Campus bio-medico di Roma. Spesso questi enti collaborano tra loro, portando avanti filoni di ricerca incrociati. Trasversale a molti è il Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna) che, per legge (grazie al dpr 782/84), mette a disposizione le proprie competenze e alcuni assistiti fanno da tester, in veste di centro per la sperimentazione e l’applicazione di protesi e presidi

L’efficacia degli esoscheletri, utilizzati oggi in varie cliniche, è ancora oggetto di studio. Il Montecatone Rehabilitation Institute di Imola (Bologna), per esempio, l’ha testato per due anni su 74 pazienti, di cui 34 in sperimentazione: il modello prescelto è stato l’Ekso Gt, prodotto dalla società statunitense Ekso Bionics. "I risultati hanno dimostrato che l’esoscheletro permette una precoce possibilità di riabilitazione per chi può recuperare un cammino parziale dopo una lesione midollare; inoltre la soddisfazione dell’utenza rappresenta un forte incentivo motivazionale in vista del recupero delle funzioni perdute", commenta Jacopo Bonavita, dirigente dell’Unità spinale di Montecatone. La ricerca comunque sta andando avanti, per cercare di arrivare a un esoscheletro per arti inferiori che si muova non solo avanti e indietro ma anche lateralmente, interpretando perfino le intenzioni di movimento. 

L’esoscheletro, comunque, permette la riabilitazione anche degli arti superiori: mano, gomito e spalla, soprattutto per chi è stato colpito da ictus. Su questo filone della robotica indossabile sta lavorando la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa che, in partnership con l’Università Campus bio-medico di Roma e l’Ateneo Miguel Hernandez di Elche (Spagna), sta portando avanti il progetto europeo “Aide”, questa volta pensato non per la riabilitazione del paziente, ma per un uso quotidiano. "Si tratta infatti di un prototipo di esoscheletro per il braccio agganciato alla carrozzina e dotato di interfacce elettromiografiche, elettroencefalografiche o elettro-oculografiche (secondo le caratteristiche del paziente), in grado cioè di captare la capacità residua dei muscoli, l’attività cerebrale o il movimento degli occhi per far compiere alla persona disabile piccoli gesti nella vita di tutti i giorni. Noi ci siamo occupati soprattutto della parte di ricerca meccatronica e di sviluppo ingegneristico", dice Simona Crea, ricercatrice dell’Istituto di biorobotica toscano. Testato per ora solo in laboratorio, i risultati degli studi non sono ancora stati pubblicati perché il progetto termina quest’anno. MMB

 

 

 

 

Fonte MT – Redattore Sociale

 



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