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Lavoro nero, dal caporalato all’industria tessile i volti dello sfruttamento

Data: 20/07/2018
Categoria: Altre News

Tre euro l’ora circa per turno di lavoro che arrivano anche sino a 14 ore al giorno, nell’estenuante rumore delle macchine da cucire, in ambienti fuori da ogni norma. Non succede lontano da noi , ma nel centro Italia, e succede 7 giorni su 7 dal lunedì alla domenica nelle aziende gestite da imprenditori cinesi poco scrupolosi.

L’ultimo controllo delle forze dell’ordine risale a pochi giorni fa in una ditta di confezioni dove sono stati trovati settantacinque lavoratori stranieri di nazionalità pakistana e cinese. I primi erano tutti regolari e in possesso della richiesta di protezione internazionale in via di definizione, tra i secondi c’erano irregolari e irregolari.

Succedeva 5 anni fa al Teresa moda in Toscana , il rogo nella fabbrica dormitorio in cui 7 operai cinesi persero la vita. Il giro di vite legislativo della regione Toscana , ha permesso controlli a tappeto ed una drastica diminuzione di questo lavoro sporco. Nonostante questo risultato la Cgil afferma che la tipologia di controllo utilizzata è inefficace perché agisce con strumenti legislativi sbagliati. «Lo sfruttamento all’interno delle fabbriche cinesi rimane, per contrastarlo deve essere considerato come caporalato e trattato di conseguenza», ripete da mesi il sindacalista Massimiliano Brezzo «I blitz della squadra interforze coordinata dagli ispettori regionali mirano a individuare le irregolarità relative alla sicurezza, quindi dormitori, presenza di bombole di gas – spiega ancora Brezzo – manca invece il contrasto allo sfruttamento che verifichi gli orari di lavoro e le effettive retribuzioni». Chi deve intervenire su questo fronte non possono essere gli ispettori dell’Asl e i vigili urbani, ma Inps, Inail, direzione territoriale del lavoro e carabinieri ispettivi del lavoro. «E i controlli vanno fatti non solo di giorno – aggiunge il sindacalista Cgil – ma anche di notte e nei festivi, mettendo telecamere in modo da capire che ci sono persone che entrano alle 8 di mattina e finiscono il turno 14 ore dopo. Altrimenti tutto rimarrà come adesso». Anche a Prato il fenomeno del caporalato è collegato al lavoro nei campi. Dal caporalato , presente in tuttta Italia , sino allo sfruttamento delle aziende tessili, scorre un sottile filo rosso. Per la Filctem-Cgil, che si occupa dei lavoratori tessili, non c’è differenza tra chi viene sfruttato a raccogliere uva o pomodori e chi è impiegato alle stesse disumane condizioni su una macchina per cucire.



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