Una porta rossa per i rifugiati. E' apartheid?
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Un'inchiesta del Times di Londra scuote la Gran Bretagna. A ciascun rifugiato siriano che ha raggiunto l'isola britannica è stata data una dimora con una porta rosso mattone, agevolando le violenze ai loro danni

«Apartheid nelle strade della Gran Bretagna». Si sveglia così l'isola della Regina Elisabetta II oggi, 21 gennaio 2016, col titolo di uno dei più importanti giornali nazionali, il Times di Londra, pronto a sottolineare l'esistenza ed il perpetuarsi di una forma di razzismo che riporta indietro nel tempo, ai tempi bui dell'apartheid sudafricano, a quelli torbidi delle stelle gialle affisse sul petto degli ebrei in Germania, così come alla segregazione razziale ai tempi di Martin Luther King.
Si scrive apartheid ma si legge razzismo, ed è proprio quello a cui, nel XXI secolo, si continua ad assistere: questa volta ne sono vittime i rifugiati siriani, che per sfuggire alla guerra e, con ogni probabilità, anche alla morte, hanno deciso di emigrare in paesi lontani e più civili. Accolti in Gran Bretagna, a questi uomini, queste donne, questi nuclei familiari è stata affidata una casa.
Non una casa qualsiasi ma una casa con la porta rossa per rendere più immediato il riconoscimento dei suoi abitanti. Questa è la grave denuncia che parte dal Times, ed è ancor più grave se si pensa che la compagnia che aveva il compito di fornire una giusta accoglienza ai rifugiati è un'azienda privata che opera per conto del Ministero degli Interni. Delle 168 case controllate dal Times, 155 hanno una porta rossa. I rifugiati raccontano di porte imbrattate di escrementi, sfregiate con simboli di estrema destra, di aver ricevuto minacce ed insulti, e dinanzi a tutto ciò ci si chiede se è davvero questa la civiltà occidentale.
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