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8 metri quadrati di terra al secondo. Succede in Italia

Data: 30/09/2015
Categoria: Altre News

L'emergenza ambientale italiana non è solo inquinamento, amianto, traffico, fumi tossici. È la terra vergine che scompare, ogni secondo che passa

8 metri quadrati: è questa la quantità di territorio vergine italiano che ogni secondo viene spogliato della sua salubrità e della sua bellezza per essere ricoperto da asfalto e cemento. Sono questi i dati allarmanti che informano di come nella penisola, ogni giorno, 90 ettari di territorio viene sottratto alla natura per essere riconvertito in terreno destinato all'urbanizzazione o all'industria.

Dal secondo dopoguerra ad oggi, il territorio nazionale ricoperto dal cemento è quadruplicato, tanto da rendere molto preoccupante il suo equilibrio idrogeologico. Non è solo un problema strutturale ovviamente: l'assenza di distese di verde, e quindi degli ecosistemi tipici della nostra penisola, ha reso l'Italia, più di altre nazioni, impreparata all'avvento dei cambiamenti climatici, facendo sì che ne subisse i danni in maniera più incisiva. L'esempio più vicino a noi nel tempo, sono senza dubbio i ripetuti alluvioni che provocano da qualche anno, da nord a sud, danni incalcolabili alle cose, ma soprattutto alle persone.

L'urbanizzazione del territorio, non ha provocato solo il consumo del suolo, la perdita di risorse naturali e di strumenti di difesa dalla variazioni del clima, ma ha causato anche una vera e propria rivoluzione socio-culturale che è ben evidente, ad esempio, in alcune aree della pianura Padana, come nella zona che si interpone fra Torino e Venezia. Tornando indietro con la memoria, si può ricordare come queste aree, un tempo abitate solo da piccole identità municipali, ora sono state trasformate in un'unica conurbazione senza fine, una lunga periferia urbana senza anima, che assomiglia ai grandi quartieri dormitorio post-rivoluzione industriale.

In alcuni casi eclatanti, la brama di edificare si è spinta a tal punto da far sorgere costruzioni anche nelle aree a rischio naturale elevato, basti ricordare la zona rossa di Sarno, alle pendici del Vesuvio, oppure le coste del Tirreno, da sempre a rischio tsunami, così come tutti quei luoghi, sparsi sul territorio nazionale, in cui è evidente il rischio di frane o quello da esondazione di un fiume.

A differenza di ciò che avviene nel resto d'Europa (basti pensare alla Germania che è riuscita a raggiungere i 44 mila ettari di consumo del suolo all'anno, o ancor di più all'Inghilterra che ha previsto la costituzione delle green belt, ovvero le cinture verdi), l'Italia, non solo non riesce ad abbattere il consumo del suolo, ma addirittura si suppone, per il prossimo ventennio, il raggiungimento della soglia dei 660.000 ettari di territorio di terra vergine trasformata in cemento.

L'Italia si sa' è il paese dei costruttori per antonomasia, che spesso non comprendono come sostituire il paesaggio con scatole di cemento non significa solo procurare un danno estetico, ma soprattutto un grave danno all'integrità dello stesso territorio e della vita che lo abita. La situazione in realtà potrebbe risolversi in maniera più agevole: basterebbe approvare quella legge che da due anni giace sul tavolo del parlamento, la quale obbliga alla riduzione del consumo del suolo ed al raggiungimento, entro il 2050, dell'obbiettivo europeo di consumo di suolo netto pari a zero.



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