#Non sono angeli
Categoria: Altre News
Un appello per richiamare l'attenzione sui cittadini attivi che al momento del bisogno si rimboccano le maniche mettendo le mani nel fango, sottolinenado l'importanza dell'uso delle parole

Lo diceva Luciano Tavazza, i volontari non sono eroi ma cittadini, cittadini che si mettono al servizio della comunità per migliorare la vita a tutti noi. Cittadini che al momento del bisogno si rimboccano le maniche e sanno mettere le mani nel fango, come è accaduto a Genova a seguito dell'alluvione. Quindi non sono angeli venuti dall'alto dei cieli come la stampa li ha classificati. E' da questo modo di fare informazione che nasce l'appello, la richiesta ai giornalisti di parlare dei volontari in maniera corretta, di fare conoscere la solidarietà per quello che è e non attraverso slogan. I promotori dell'appello #Non sono angeli,che prende spunto dall'alluvione di Genova, invitano i giornalisti a un confronto sul modo di fare informazione sul volontariato che rischia di essere mitizzato e non trattato per quello che è in realtà, col risultato di fare di queste persone, dei volontari, dei "miti inarrivabili", proprio perchè definiti Angeli. Di seguito vi proponiamo il testo integrale dell'appello a cui è possibile aderire cliccando qui.
"Non chiamateli angeli del fango. Non sono eroi, ma cittadine e cittadini attivi.Li vedete come angeli, ma sono persone ‘comuni’, attive e responsabili che nell’emergenza si riuniscono, imbracciano una pala e si mettono a scavare nel fango.Sono quella parte di cittadinanza che ogni giorno, nelle associazioni o individualmente, nei loro posti di lavoro, in strada o su internet, chiede l’attenzione delle Istituzioni, anche prima delle emergenze, e denuncia gli abusi e si batte per i propri diritti, dimostrando di amare il territorio come se fosse la propria casa: un vero bene comune. Se li chiamate ‘angeli’ o ‘eroi’, non fate altro che mitizzarli, trasformarli in qualcosa di eccezionale, di quasi divino. Non sono angeli (né eroi), ma forse sono di più: sono testimoni, esempi di uno stile di vita diverso.Come a Firenze nel 1966, a Genova nel 1970 o a Vicenza nel 2010 non sono un evento straordinario, una bizzarria; vivono a Genova, come a Napoli, a l’Aquila come in Emilia. Esistono anche se non sono rappresentati, se non occupano le prime pagine dei giornali, se non sono protagonisti delle notizie d’apertura dei Tg. Non ricordatevi di loro solo nel momento dell’emergenza, ma anche quando questa sarà passata.Nel nostro paese c’è bisogno di far conoscere il volontariato, la solidarietà e qualsiasi altra forma di aiuto reciproco, per quello che sono, non soltanto attraverso titoli e slogan. C’è bisogno di raccontare le storie delle persone che credono nella solidarietà per comunicare attraverso loro e con loro un nuovo modello di comunità, nuovi stili di vita. Forse, anche ascoltando queste voci, cominceremmo a risolvere quei problemi, come il dissesto del territorio, per cui il volontariato e la società civile si adoperano lontani dai riflettori, senza retorica, senza bisogno di esagerazioni e iperboli, senza santi o eroi.Ognuno deve fare la propria parte: chi si attiva nel settore del volontariato e della solidarietà come chi svolge il fondamentale compito dell’informazione. Che si creino momenti di incontro tra chi è attivo nel sociale, giornalisti e professionisti della comunicazione, luoghi di confronto per migliorare l’informazione e la conoscenza, per fare un passo avanti nella direzione del cambiamento, per comunicare bene il bene.
Non sono angeli, non rendeteli invisibili".
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