Povertà, un'ordinanza che fa discutere
Categoria: News Associazioni Lecce e provincia
Secondo Lisi della Misericordia di Aradeo l'iniziativa di Tosi denota una scarsa attenzione a un problema vero. Presto un piano nazionale contro gli sprechi alimentari

Si torna a parlare di povertà, e fa discutere l'ordinanza del sindaco leghista Flavio Tosi che vieta nella sua città, Verona, di distribuire cibo ai senza fissa dimora. Le motivazioni sono legate a "questione di igiene" e le violazioni saranno punite con una sanzione compresa tra un minimo di 25 e un massimo di 500 euro.
«Sono sconcertato - spiega Adriano Lisi, referente per la distribuzione degli alimenti dell'associazione di volontariato Misericordia di Aradeo - perché un'ordinanza simile denota una scarsa attenzione ad una emergenza vera, che cresce ogni giorno. Nei nostri comuni aumentano esponenzialmente le famiglie che si avvicinano a noi anche per ricevere beni di necessità anche basilari. Pensare che le organizzazioni non profit - continua Lisi - possano sopperire alla solidarietà della comunità e al dovere delle istituzioni è davvero riduttivo, nonostante noi riusciamo ad arrivare in tempi più veloci ad arginare le emergenze».
E si torna a parlare di povertà anche perché in occasione della Giornata della terra, il viceministro all'Agricoltura Andrea Oliviero ha lanciato l’idea di un “Piano nazionale contro lo spreco di cibo” che faccia incontrare la lotta agli sprechi alimentari con la richiesta di derrate da parte del non profit per rispondere alla povertà assoluta dilagante nel paese. Un progetto che in realtà va nella stessa direzione individuata dal ministero dell'Ambiente che lo scorso febbraio ha lanciato il #Pinpas, Piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare ma che si arricchisce di alcuni elementi in più, in particolare la collaborazione con il non profit.
Il cuore del progetto prevede una serrata attività di monitoraggio, rilevando in maniera puntuale quella che è la disponibilità di derrate che potrebbero essere destinate alla distruzione per via della scadenza e che invece si possono utilizzare. Contestualmente, il monitoraggio delle richieste e l'attività di distribuzione, da affidare proprio al non profit – nello specifico a precise strutture territoriali in grado di far incontrare le due parti. Per far questo, il viceministro ha annunciato una convocazione a breve tra il mondo della produzione, della distribuzione e le grandi reti sociali.
Secondo il piano, i due ministeri, infatti, potrebbero lavorare fianco a fianco per arginare gli enormi sprechi: in Italia, secondo l’osservatorio Waste Watcher in Italia ogni famiglia butta mediamente 200 grammi di cibo ogni settimana, ma gli sprechi riguardano anche la produzione. Sono 1,2 milioni le tonnellate di derrate che rimangono sui campi, oltre 300 mila tonnellate di cibo, invece, vengono sprecate nel circuito della distribuzione. Quantità di cibo che, se utilizzate, potrebbero generare un risparmio complessivo di circa 8,7 miliardi di euro. Un controsenso se si considera che oltre un milione di famiglie che non hanno un reddito da lavoro.
Dallo scorso dicembre, inoltre, il sistema di distribuzione di alimenti è in serie difficoltà, a causa della chiusura dei rubinetti da parte dell'Europa che ha chiuso il progetto Pead gestito dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea). La vera novità è che, come denuncia Fondazione Banco Alimentare, i fondi ci sarebbero ma l'Italia non ha ancora recepito il cambio della legislazione europea per dare il via libera alla distribuzione di alimenti e altri beni necessari a combattere la povertà. Un ritardo incomprensibile se si considera che lo hanno già fatto paesi come Spagna, Francia, Polonia e Grecia.
La Fondazione Banco Alimentare che dal 1989 opera in tutta Italia grazie a un esercito di volontari che distribuisce quanto raccolto nelle giornate di colletta alimentare e/o garantito da stanziamenti dell’Unione Europea. In tutta l’Italia l’approvvigionamento dei generi s’è ufficialmente fermato il 31 dicembre 2013 con la scadenza del progetto Pead che distribuiva beni al Banco alimentare e ad altri enti caritativi. Dal primo gennaio, però, è attivo il Fead, formalmente attivato dalla Ue e quindi finanziato che, a differenza del primo, non è più destinato unicamente all’acquisto di beni alimentari. Affinché sia operativo, confermano dal Banco alimentare nazionale, è necessario che gli Stati membri diano il via libera alla distribuzione degli alimenti attraverso le loro agenzie.
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