Imparare a includere

Data: 22/02/2010
Categoria: Un libro a settimana Apprendere, partecipare, socializzare. Includere. Quali sono in contesti in cui il processo di inclusione deve svolgersi e quali soggetti devono essere inclusi? Quali i mezzi e modi di implementazione del processo? Sicuramente l“inclusione educativa riguarda da vicino individui con disabilità ma non sono solo loro le uniche persone che vengono escluse dai vari ambiti della nostra società, per questo occorre considerare tutte le forme di inclusione, da quelle che si riferiscono alle persone con disabilità e bisogni educativi speciali, a quelle che riguardano le differenze di costituzione, razza e credo. Il libro, a cura di Isabel Cristina Hierro Parolin, da una parte raccoglie le conclusioni di un convegno "Imparando a includere e includendo per imparare" (organizzato dalla sezione di Curitiba dell“Associazione Brasiliana di Psicopedagogia nel maggio del 2001, allo scopo di fare circolare diverse conoscenze e pratiche inerenti il tema) dall“altra si propone come stimolo di confronto e dialogo con tutti i possibili lettori affrontando il tema dal versante della prospettiva teorica senza tralasciare di indicare una prassi. Ad arricchirlo una serie di contributi, di posizioni teoriche e metodologiche diverse. Per favorire cambiamenti sono necessari oltre ai piccoli gesti e alla buone intenzioni anche strumenti adeguati in mano a coloro che desiderano cambiare e condividere i frutti di una "società che riconosca in ciascuno di noi un universo unico, il cui incontro avviene nel modo in cui manifestiamo la nostra umanità". L“inclusione è un argomento complesso che coinvolge variabili di ordine scientifico, culturale, affettivo, emotivo, politico, economico, prevede tutte le sfaccettature che si rifanno a diversi ambiti della società. » impossibile pensare all“educazione e all“insegnamento senza riflettere sulla società in cui viviamo e sul profilo di cittadino che si deve formare. L“inclusione scolastica è una pratica fortemente legata all“essere umano. "Abbiamo un modo che valorizza lo stare in società, ma che, nel contempo, rivaluta anche il proprio piccolo mondo e un modo, tutto privato di vivere e convivere". Il processo di inclusione deve coinvolgere tutti.