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Lavoro nei campi e prostituzione: i "nuovi schiavi" del Salento

Data: 01/10/2009
Categoria: Altre News
La denuncia in uno studio dell'Enat, la rete europea contro la tratta. Meno di 20 euro al giorno per oltre 10 ore di lavoro: sono moldavi, bulgari, marocchini, albanesi, romeni, cinesi, senegalesi, somali e pachistani
Un identikit che lascia senza fiato. Centinaia di giovani donne e uomini che nel Salento lavorano oltre dieci ore al giorno per una paga mensile che si aggira attorno ai 500 o 600 euro. Sono i nuovi schiavi del "Salento accogliente": moldavi, bulgari, marocchini, albanesi, romeni, cinesi, senegalesi, somali e pachistani. » quanto emerge da uno studio dell'Enat, la rete europea contro la tratta che si rifà agli ultimi dati a disposizione che risalgono al settembre 2006. Il settore in cui lo sfruttamento lavorativo prende piede è soprattutto l'agricoltura, seguito poi dall'edilizia e dai lavori e servizi nell'ambito della cura. Le zone sono principalmente quelle dell'area nord leccese e del Capo di Leuca. Tabacco, olive e angurie sono le raccolte stagionali in cui si registra lo sfruttamento. Non di rado allo sfruttamento lavorativo si vanno a sommare anche le scarse condizioni igienico sanitarie e di vita in cui le persone sono poi costrette a vivere. Il discorso diventa poi drammaticamente preoccupante se si parla di donne. L'inserimento nei circuiti della prostituzione di strada è quasi automatico, con tutto quello che comporta in termini di connessioni con la criminalità organizzata. Ma la provincia di Lecce è anche interessata al fenomeno della prostituzione indoor: donne provenienti soprattutto dall'Europa dell'Est, dalla Repubblica Popolare Cinese e dalla Nigeria, vengono sfruttate sessualmente in appartamenti e all'interno di locali notturni. Anche il lavoro di cura non fa molta differenze. Le ragazze vengono reclutate ovunque e sottopagate senza alcun riconoscimento di diritti. Quest'ultimo fenomeno è particolarmente preoccupante, tanto da indurre la regione Puglia all'istituzione di percorsi sperimentali per il riconoscimento dei requisiti delle assistenti familiari, attraverso la creazione di appositi albi comunali. Insomma per combattere il fenomeno, che comunque non registra i preoccupanti dati del passato, sono indispensabili raccordo, coordinamento e collaborazioni tra tutti gli enti implicati, dalla magistratura e le forze dell'ordine, fino agli ispettorati del lavoro e la cittadinanza tutta.


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