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Punta Perotti, Italia condannata: "Violata la proprietà privata"

Data: 20/01/2009
Categoria: News Associazioni Lecce e provincia
La Corte europea ha accolto la richiesta di indennizzo presentata dai costruttori dell'Ecomostro. Una sentenza avulsa dalla storia e contraria al Bene Comune, secondo SOS Costa Salento
La confisca dei terreni di Punta Perotti, secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, è avvenuta in violazione del diritto della protezione della proprietà privata e della Convenzione dei diritti dell'uomo. Alle società Sud Fondi, Iema e Mabar, che si sono rivolte alla Corte di Strasburgo nel 2001, i giudici hanno riconosciuto un indennizzo (per la verità alquanto modesto) pari a 40mila euro ciascuna, 30mila per le spese processuali e 10mila per i danni morali. Una notizia apparentemente innocua, e perfino irrisoria per quanto riguarda la movimentazione economica dei danni, ma certamente significativa dal punto di vista politico e culturale. Per gli ambientalisti italiani e pugliesi si tratta comunque di una pessima notizia. E fa specie pensare che, per una questione così terrificante come la costruzione di un ecomostro e la sua giustissima successiva demolizione, si sia scomodata persino la Corte europea dei Diritti dell“Uomo, che ha dovuto esprimersi semplicemente su un teorema legale, alla ricerca dell“errore formale, ed evidentemente non è potuta entrare nel merito del danno ambientale. Non si tratta comunque della vittoria dei cementificatori, ma dei loro legali, che adesso possono ricevere un plauso, oltre al compenso della loro parcella. L'abbattimento, nell'aprile del 2006, del terrificante complesso residenziale costruito sul lungomare di Bari ha rappresentato invece una delle vittorie storiche contro gli ecomostri e l'illegalità edilizia. Dopo un lunghissimo iter giudiziario e molte campagne d'opinione partite nel 1997, l'ultima parola era stata espressa dalla Corte di Cassazione nel 2001 con una sentenza che assolveva gli imprenditori dalle contestazioni penali, ma autorizzava la confisca dei suoli e degli immobili in quanto abusivi (sono stati realizzati a poche decine di metri dalla battigia) e attribuiti al patrimonio del Comune di Bari. Altri cinque anni sono stati poi necessari perchè il gigantesco complesso fosse effettivamente raso al suolo.


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